Madagascar – Giorno 2
La prima notte è andata, tra stanchezza e freddo inaspettato: siamo ad agosto ma ci sono 12 gradi se va bene, qui siamo in inverno, ma nessuno si aspettava un freddo così! Per fortuna ho un pile, che risulterà essere la mia ancora di salvezza per tutto il viaggio.
Ci alziamo di buon mattino e carichiamo le valigie sul nostro infaticabile mezzo, per poi dirigerci a piedi verso il centro di Ambositra, capoluogo della regione di Amoron’i Mania.
Siamo in alto, a 1345 metri s.l.m, ecco perchè fa così freddo! Qui, gli estranei siamo noi e tanti bambini, come spesso accadrà durante questo viaggio, ci vengono vicini curiosi e sorridenti, a volte solo per vedere che razza di alieni siamo, altre volte per chiedere cibo, altre soldi: purtroppo ciò accadrà per quasi tutto il viaggio ed è dura non farsi intenerire da due occhioni marroni. Le guide locali ci ammoniscono: la maggiorparte chiede l’elemosina perchè costretti dai genitori. Dura da mandare giù, ma continuiamo, concendoci al massimo qualche fotografia con loro, e per molti questo basta e avanza.
Ambositra è una città molto semplice, dove non ci sono strade asfaltate e dove la terra rossa marca di netto il cuore del centro. E’ un importante centro per la lavorazione del legno, infatti sono numerosi i negozi di piccoli artigiani che lavorano il mogano o l’ebano. Incuriositi entriamo in un negozio di questi e l’artigiano ci fa vedere anche come si modella e si taglia la materia prima. Dopodichè, ci invita a casa sua, come se fossimo suoi amici da sempre: l’ospitalità che ho trovato qui, in Madagascar, non l’ho mai più ritrovata. Salutiamo le donne di casa e queste ci fanno fare un piccolo tour nella modesta abitazione, senza pretendere nulla in cambio. Torniamo al negozio e decidiamo di acquistare qualche souvenir, l’artigiano è felicissimo!

Artigiani al lavoro
Continuiamo a visitare la città e ci fermiamo ad altri negozi, dove non solo si commerciano gli oggetti in legno, ma anche vestiti e stoffe, oltre che batterie e oggetti di ogni genere ammassati sulla strada per attirare i clienti.

Manufatti il legno
Dopo la visita della città, ci dirigiamo ad una missione cattolica non molto distante: qui ci sono molti bambini orfani o abbandonati, che trovano rifugio presso questa congregazione. Nonostante i bambini siano consci della loro situazione, non perdono il sorriso e ci scattiamo tante fotografie insieme: per loro, il vedersi impressi in una fotografia è la cosa più bella del mondo, infatti, quando mostro lo schermo della reflex e la loro immagine, scoppiano a ridere e mi abbracciano più volte. Mi chiedono il mio nome e glielo dico, loro mi dicono il loro e poi continuano a ripetere una parola: “vasa” che significa straniero. Per loro siamo tutti vasa, ma vasa simpatici.

Bambini in festa
L’emozione è forte, e decidiamo di fare una cospiqua donazione alla missione, che tra l’altro provvede anche all’istruzione dei bambini, con una piccola scuola dove però non manca nulla.
Lasciata la missione, ci dirigiamo verso la regione degli Zafimariny, una popolazione antica, che vive in casette di legno. La strada è tutt’altro che agevole con il furgoncino, e le buche rendono gli spostamenti davvero problematici. Finalmente raggiungiamo il piccolo villaggio, qui la povertà è veramente palpabile e ci stringe il cuore: i bambini per la fame mangiano la plastica che avvolge le caramelle. Riflettiamo su tutto il nostro benessere rispetto alla loro condizione. In quel momento vorrei portare tutti i bimbi a casa con me, ma non è possibile. Il capo villaggio, un anziano che ricopre anche le funzioni di sciamano, ci invita nella sua umile dimora e ci fa sedere come suoi speciali e graditi ospiti. I bimbi rimangono fuori e ci guardano dalla finestra. Apprendiamo, dalle parole del capo, che il suo villaggio è povero ma la sua gente è orgogliosa e tradizionalista e non rinunceranno mai alle loro usanze per la modernità. Proviamo un profondo rispetto per l’anziano signore, che non ci rifiuta domande e fotografie, anzi, ne è orgoglioso. Chiede poi ad alcuni uomini di farci vedere tutto il piccolo villaggio e di dirci le nostre impressioni alla fine del tour. Siamo sempre accompagnati dai bimbi, che anche qui non sono avari di sorrisi.

Bambini alla finestra della casa del Capo
Finito il tour e salutato l’anziano capo, il furgoncino ci aspetta per raggiungere il Ranomafana National Park, attraverso la Route Nationale 7, tra campi di riso immensi e coltivazioni di caffè.

Pastore con gli zebù nelle risaie
E’ ormai sera e finalmente possiamo riposarci, dopo tre ore e mezza di pulmino su strade abbastanza impraticabili a causa delle abbondanti piogge dei giorni precedenti.
Alloggiamo in piccoli bungalow graziosi, proprio di fianco al Parco Nazionale: le sistemazioni sono carine e confortevoli, con letti con le zanzariere per evitare di essere punti dalle fastidiose zanzare che potrebbero anche portare la malaria (la profilassi è comunque obbligatoria e per tutto il viaggio va eseguita).
E’ ora di cena, il pasto caldo della giornata, dato che a pranzo ci accontentiamo di qualche baguette vuota che vendono in tutti i villaggi, di qualche biscotto e dei cioccolatini portati dall’Italia. Una bel pollo arrosto con patatine e per finire, il dolce: la Crèpe al cioccolato, dolce nazionale del Madagascar. Inutile dirvi che ne mangerà un’infinità prima di tornare a casa.
Stanchi ma contenti, andiamo a letto: domani ci aspetta un bel trekking nel Parco.
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antomaio65
Hai sottolineato una cosa importante nel tuo articolo, ovvero l’orgoglio degli anziani che rifiutano di modificare una realtà perchè “è sempre stato così”. Purtroppo la struttura della società Malagascia rispecchia spesso quella dei villaggi e le parole degli anziani non si discutono anche se impediscono alle nuove generazioni di apportare miglioramenti. Tanto è vero che l’aratro della tua foto è ancora trainato dagli zebu, quando non sono gli uomini stessi a spingerlo a mano
Donna Vagabonda
Esattamente, in queste tribù la parola del capo è sacra e legge quindi ciò che a lui non va bene non si discute anche se questo porterebbe ad un miglioramento. Non bisogna giudicare ma solo osservare e rispettare culture e usanze diverse dalle nostre.
Libera
Ho letto con molto interesse la tua testimonianza diretta perché questa è un’esperienza che non ho ancora fatto. Vedere così da vicino approcci alla vita completamente diversi dal nostro penso che ti cambi dentro e ti porti anche ad apprezzare le piccole cose.
Donna Vagabonda
Esatto, questo viaggio mi ha totalmente cambiata e mi ha fatto diventare una persona più consapevole!
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